giovedì 7 gennaio 2010

coPENhaGEN & StoCCOLMa

3 - 10 dicembre 2009 con PaolaWonderWoman

domenica 3 gennaio 2010

giovedì 24 dicembre 2009

domenica 13 dicembre 2009

"Non Accettiamo Lo Status Quo, dunque Siamo" Nicola _ VIAGGIO VERSO NORD: hOPeNhAgEn E sToCkOLM

Copenhagen, piccola, verde e partecipata, Stoccolma, metropoli orgogliosa. Mi piace quest'Europa talmente buona da essere Europa solo a metà. È un luogo che MI identifica. Questo spostamento a Nord, con la Paola, è assieme acclimatazione e puro godimento, di una società che prevede il dialogo, il rispetto e l'ascolto, la partecipazione, la corsa verso quelli che mi sembrano essere quei famosi doveri più grandi. Il verde comune, l'impegno per l'ecosistemamondo, gli spazi accessibili e vivibili, la cultura alla portata di tutti. ciò che costa poco è esattamente quello di cui tutti hanno bisogno. È questo a meravigliarmi e a rendermi serena al tempo stesso. concetti distanti da queste due realtà sono la fretta e l'ira. Vedevo un servizio della Dandini sull'irrascibilità che domina nei nostri palazzi del potere, delle botte che si danno in parlamento, del mercato che si fa in questi ricchissimi palazzi occupati da ricchissimi eccessi, e poi assisto ad una seduta parlamentare svedese...non serve forse che mi dilunghi sul silenzio, sui tempi e i modi del dialogo, sulla morigeratezza e il rispetto. È rassicurante vedere che c'è un alternativa. La vita sembra progettata, ed infondo è comprensibile con queste temperature, per essere vissuta all'interno, negli spazi chiusi e allora centri culturali fotonici, biblioteche a misura di bambino, musei interattivi, gallerie d'arte improvvisate, atelier improbabili, tutto gratis e tutto aperto al pubblico curioso e numeroso. Buono da assaggiare questo middle-nord, e da studiare meglio nella prospettiva di una formazione universitaria futura...è buio presto, il caffè si raffredda velocemente e quando sono per strada ogni tanto mi perdo a pensare a quello che non avrei saputo vedere se questi ultimi mesi li avessi passati a casa. Ruben è a pochi km e lo aspetto, curiosa anche io. E sempre più innamorata.

venerdì 11 dicembre 2009

DaI BaoBaB aLLe BetUlLe

porto dentro di me tutto il calore di un sorso d'Africa, che mi tiene a fiato sospeso e spesso, ancora, non mi permette di rispondere agli stimoli, invitanti, che in nostro sistema mi propone.
sono un pö impedita e non so e forse non voglio, perdere questo sguardo di bambino, questa prospettiva dal basso, lo stupore ad ogni evento. Sono gli occhi del sud del mondo, credo. Decisi, fermi, determinati, un pö disillusi, ma pieni, colmi di sorriso. La partenza da Luanda - Angola e`una non partenza. Luanda e`un tir, che ti scarica addosso una montagna di piume e, per quanto io cerchi di venirne fuori, spalando diquaedilä, comincio a capire che la soluzione puö essere navigarci piuttosto che riemergere. Liberarsi di una sensazione di forza ed impotenza e`impossibile, perche`e`radice della radice, pensiero del pensiero. sono io, infondo, che mi vedo piu`nitidamente. Gabriele, Nicola, Ivan, Magda, Fredi e Lore, lo Chef e la moglie, Kalume, Biuma, Didier e la Mia Ana Maria. Compagni veri, ali nuove per arrampicare meglio.

martedì 3 novembre 2009

SI AGGIUNGA...

GLI SBALZI DI CORRENTE MI HANNO FULMINATO IL TRASFORMATORE DEL COMPUTER LE FORSE LA BATTERIA. SCRIVERò QUANDO POSSIBILE, SPERO PRESTO.
week end nell'AFRICA RURALE immense distese verdi foreste eucalipti mare spiagge incontaminate palme banane capanne e un'infinità di bambini.
nel più desiderato fra i miei sogni l'avevo immaginata così!
a presto (speriamo)

martedì 27 ottobre 2009

La LUna A QuEsTo ParaLLelO sorrIdE...

È Angola camminare con i bambini della capoeira, arte che vive, energia pura, occhi aperti sul mondo, braccia attorno al mio collo, nelle ruas del bairro, piene di liquami che corrono sotto i piedi e immondizia e mattini soffocanti e galline. Luanda è respirare quell’odore delle baraccopoli e amare ogni singolo respiro. La gente - che mi scoccia chiamare gente per l’eccezionalità delle persone che conosco giorno per giorno, di cui bisognerebbe parlare ore, singolarmente - sa toccare il Fondo subito, il confronto avviene su un piano diverso, che io trovo comodo e ineguagliabile. io amo questa umanità, non facile da permeare, talvolta insopportabile per l’anaffettività che esprime e di cui è in fine vittima. Io osservo forme di esistenza che noi non solo non potremmo mai sostenere, ma che io non ho mai nemmeno osato immaginare. io qui mi emoziono 20 volte al giorno (è vero, almeno una volta l’ora :0) ), il mio cervello è attivo, la mia esistenza si colloca. Ho il tempo di pensare e di crescere. Non ci sono distrazioni dall’essenziale, c’è il bello, c’è il tenero, c’è anche l’insostenibile, ma è reale, non virtuale, e perciò accettabile. Qui mi conosco attraverso l’altro, ciò che è così lontanovicino.
È anche Angola fazer um passejo nella Roche, distesa immensa di baracche con tetto in eternit, pali in legno, terreno fangoso, odore asfissiante, tutto questo elevato alla perdita d’occhio, per conoscere un gruppo di africani filo-jamaica che tifano per Obama con cui improvvisare un pezzo jazz (Alice, è la volta buona, la voce è uscita dritta davanti a me con forza, puntata negli occhi grandi di musicisti rastareggae!) o parlare con le donne che vendono le stoffe, amiche di amici, di cui mi sento immediatamente parte. Forse è questo che frega la gente che torna dall’Africa, tutto l’incomprensibile colore&amore che sfonda le retine e si mescola bene con l’imprevedibilità di quello che si proietta poi assieme ai colori nel nostro cervello, situazioni improbabili che mettono in moto circuiti silenti nella nostra materia grigia. La famosa parte di cervello che non usiamo mai…poi andare nel bairro, mangiare e bere in un lugar, pollo cotto nella strada, birra Nocal. Io la diarrea non l’ho avuta e il cibo…beh, non serve nemmeno che vi dica quanto buono fosse!...arrivare dai maestri artigiani,quelli che lavorano il legno ed chiedere loro di creare per me le loro opere, scegliere quali, scegliere con precisione il mio regalo per il patto che io e Ruben faremo da grandi, scegliere (di fatto questi non li ho scelti, ho detto loro di fare quello che volevano,io ho scelto solo le dimensioni per una questione di zaino…) dei pensieri per le persone importanti a casa, per portare a loro un po’ di tutta questa magia. Mani che lavorano il legno, hanno un che di divino, plasmano rispettano danno forma rendono armonioso…
Poi via di nuovo al centro Don Bosco, allenamento base di Capoeira con Ivan, male ai muscoli Elena tieni duro, entra nel ritmo, accondiscendi questa danza, è un movimento in pari l’equilibrio che rispecchia! Alcuni bambini curiosi si uniscono all’allenamento e le mani e i piedi sporchi mi fanno sentire a terra, sulla terra.

PENSIERI SPARSI: la testa sulle contraddizioni e le contraddizioni stampate nei finestrini della jeep.
Le agenzie funerarie sono numerose, un giro in ospedale ti fa capire che qui, spesso, può essere più pauroso dover vivere che morire. il ritmo le ragazze ce l’hanno legato al cromosoma x, i maschi all’y, i bacini si muovono e pare che abbiano la consapevolezza che da loro inizia tutto. gli altri bacini, quelli che si danno sulle guance quando si conosce una persona, si danno prima a sn e poi a dx. Esperar vuol dire sia aspettare che sperare. l’aria a chi fa capoeira sta come l’acqua ai pesci. mia mamma mi ha Amato ed è per questo che Amo la vita. la cosa più importante è far credere ad ogni individuo che vale, anche dopo secoli di soprusi e colonizzazione. Ella fitzgerald può essere sussurrata ad una bambina africana che a sua volta può trovare il tutto davvero curioso e sussurrare assieme a te. Nelito c’ha fame ed è timido ma io questo gianduiotto me lo mangerei a morsi quando mi butta le braccia al collo, senza se e senza ma. Una persona che ha sete beve in modo diverso. Quando mi chiederanno di questo posto comincerò descrivendo ogni luna, ogni polverone, ogni rissa, ogni morte, ogni sguardo, non tutti questi assieme. La violenza sulle donne, l’hiv e i linfonodi enormi nei bambini positivi, la tubercolosi onnipresente, la fame e la sete, i bambini morti, quelli morti per morbillo, la carta per fare i raggi che finisce, sono cose a cui sto pensando ora, in questo momento. Forse anche io, come dice Gabriele,sto cominciando a fare pace con questa Africa,così forte da farmi dimenticare ogni ansia, ogni inutile impazienza, così vera da lasciarmi scettica su ogni meccanismo stereotipato. Sono io che cammino, su passi già calpestati nei sogni, vero Rubinetto? Vecchia zimarra, adesso siamo pari, 26 ottobre all’over the world!!!

Con umiltà e dedizione mi sto rendendo autosufficiente per un buon numero di lavoretti in reparto e nell’attività ambulatoriale del seguimento della malnutrizione. Imparo, alla velocità della luce, tutte quelle nozioni che all’inizio costituivano un minestrone di insicurezze oggi prendono forma, diventano una sequenza di atti da compiere con ordine e con un senso. Fare le cose bene, non è facile accostumarsi al concetto che ogni passo è quello decisivo. Imparo la medicina che faceva mio nonno Piero, senza laboratori da sfruttare, senza ecografie, senza mezzi termini, con molte ipotesi, con molto ragionamento. Il lavoro in ospedale si fa più congesto, iniziano le piogge, il caldo dicono non sia ancora niente di che, rispetto a quello che sarà tra poco, ma a me sembra già di evaporare. Mille parole per dire che qui più che mai non riesco a giustificare la mia ignoranza, di fronte a questi occhi io sono già colpevole, per l’ingiustizia enorme che c’è a monte, e voglio saper fare il meglio possibile, il mio meglio, per cominciare a rendere (nel senso di restituire) Vita degna di essere vissuta. Magari sarò una goccia, ma non mi sento tale. Per questo la sera non sono mai sazia di leggere e studiare. È finalizzato.
La luna è orizzontale, sorride, adagiata sulla schiena, anche lei riposa serena la notte, mentre la musica perpetua del bairro tiene sveglio chi come me mette un pezzo di carta nel lavandino per vedere da che parte gira la spirale dell’acqua che viene risucchiata giù nello scarico (è vero!!! Qui, sotto l’equatore, va al contrario!!!).

domenica 25 ottobre 2009

sE uNa NoTTe d'InveRnO uN ViaggIaToRe

"...ci sono giorni in cui ogni cosa che vedo mi sembra carica di significati: messaggi che mi sarebbe difficile comunicare ad altri, ma che appunto perciò mi si presentano come decisivi. sono annunci o presagi che riguardano me e il mondo insieme: e di me non gli avvenimenti esteriori dell'esistenza ma ciò che accade dentro, nel fondo; e del mondo non qualche fatto particolare ma il modo d'essere generale di tutto. comprenderete dunque la mia difficoltà a parlarne, se non per accenni..." I.Calvino

mercoledì 14 ottobre 2009

è PeR Te

http://picasaweb.google.it/emmaclotilde/EPeRTe#5392583906616149746

lunedì 12 ottobre 2009

sono (totalmente) incapace

ogni cosa è stata difficile oggi. è impressionante quanto velocemente possano cambiare gli stati d'animo, l'efficacia di sè, la propria autostima. ebbene si, è ora di mettersi a studiare. oggi non c'era Elisa a farmi da tutor (è partita pra Italia) e mi sono sentita una cacca. e domani sarà così di nuovo, forse... troppe cose che non so e la stanchezza ha la meglio su di me ogni cinque minuti, perchè pensare mi fa venire i fumi nel cervello. domani devo alzarmi e dimenticare quello che è stato oggi, traendone solo l'utile insegnamento: sensi ben accesi, cervello fresco e mai peccare di "go capì, ormai son bona". che cacchio di giornata. non scendo nei particolari. OGGI HO DECISO DI METTERMI A STUDIARE. devo imparare se voglio rendemi utile,se non voglio essere un peso per Gabriele. boa noite a tuda gente, eu vou em bora a estudiar, desejo fazer asì.
un pò di foto poche ma buone.

BeLEzA!!!

Questa Angola mi occupa totalmente, al punto di non percepire più distanze reali e vivere delle emozioni che creano distanze molto più irrazionali. Angola è stata, ebbene si, faccio uno sforzo a scrivere ora, dopo una settimana ricca di eventi e di forti emozioni. Da lunedì sono pienamente partecipe di tutte le mie mansioni, riesco a visitare i bambini, sia nel reparto malnutriti di cui ci occupiamo prevalentemente, sia per la consulta esterna, ma qui sempre sotto la supervisione di chi la clinica la sa. In ogni caso, la cosa più stravolgente, è che ho cominciato a visitare, a chiedere, a riconoscermi in un ruolo, a parlare con le mamme (il portoghese va da dio, è lamia lingua…che ne so perché!?). Posso essere utile con le mie conoscenze e con un bel po’ di applicazione, e se posso mi applico eccome.
Ci si aspetterebbe una lunga spiegazione su quello che faccio o quello che vedo, beh…mi dispiace deludere la platea eventualmente interessata, ma la mia filosofia è questa: sebbene io stia imparando a visitare, a guardare raggi di polmoni di tutti i tipi, a leggere esami urine, a raccogliere sintomi respiratori per fare una diagnosi, a prescrivere le analisi con parsimonia (quelle poche che si fanno) in base a precisi sospetti, a valutare lo stato del bambino malnutrito e a “fare l’occhio” per certe malattie infantili comuni come anche quelle che da noi non ci sono da 50 anni…beh, nonostante tutto questo sia un’enorme conquista, la chiave di volta non sta qui, ma sta nell’africa, in tutto il suo travolgente bene in tutto il suo enorme male. Nel giro di due settimane ho fatto un po’ di scorza è vero, ma non ho perso la tenerezza, e sebbene siano ancora molte le cose che mi fanno riflettere, sono felice di lavorare in questo contesto. (nonostante la voglia 3 volte al giorno di scappare, incazzature, pianti).
Non sono le mosche negli occhi e non sono gli edemi da fame, non sono nemmeno le ferite infette o l’assenza della terapia del dolore, non è l’ossigeno (nelle bombole) che manca in reparto e nemmeno l’idea che in 5 giorni muoiano 4 bambini…a farmi restare a bocca aperta, con gli occhi fissi e il respiro sospeso. Ciò che mi lascia a riflettere è il diverso peso che si da alla vita. L’africa (concetto inesistente, sarebbe meglio dire l’Angola) ti mostra vita piena, messe cantate, vestiti e voci mosse da gran forza, ragazzi del bairro che leggono shakespeare e conoscono meglio di me la geografia dell’Italia, la capoeira come gioco di esistenza, il mercato dove vendere è il paradigma della vendita, i bambini che giocano a calcio in riva all’oceano, il sole e la voglia di stare assieme, l’Accoglienza (io ho capito cosa vuol dire ora, da oggi a casa mia applicherò questa forma africana di accoglienza) , il calore degli occhi, gli occhi desiderosi di tempo di tutti quelli che il tempo l’hanno terminato. E poi ti mostra scovazze ovunque ma montagne, montagne di immondizia, sporco, traffico, ragazze usate e gente insanguinata per strada nelle risse, traffico e smog, ricchezza ostentata e povertà da 1 euro al giorno, quella vera, non quella dei telegiornali, quella che vedi negli occhi da cui non puoi distogliere lo sguardo, quella che dovrebbe farci paura, a noi cazzoni. e poi penso alla farmacologia e a tutti i morti in piedi che vedi girare in occidente, al benessere e al rischio che fa correre, che è tutto sommato sovrapponibile ad una malattia molto peggiore, che ti fa vivere di vita presunta, aumentando il peso del tabù della morte, cercando di sfuggire la maturazione di sentimenti complessi in vita.
Il lavoro in ospedale va bene. Domani lunedì si comincia a darci dentro.
E poi è africa signori miei, è essere invitati da uno dei ragazzi della capoeira nella sua casa nel bairro e con gli altri 4 amici andare a sperimentare l’accoglienza, la dignità, l’infinita dolcezza, il sapore di una serata passata nel posto giusto, i rumori del bairro, le baracche, i cani, la gente al buio, la mancanza di elettricità, la jeep che scorre tra le baracche, i nostri vestiti semplici e pieni di persone felici, la musica, la totale sensazione di essere vicini, condividere birra e funji, abitare sotto l’eternit, vivere pienamente e puliti. L’infinita distesa di baracche. Infinita.
Poi lavoro e poi il week end…si fugge al mare, un po’ per salutare Elisa (stupenda) e Ale (anche lui) che partono domani, un po’ per AFRICARE un po’…eh si,come dicevo da dentro le mura dell’ospedale non si sente molto l’africa, o meglio se ne sente e se ne tocca solo una delle parti peggiori, quella delle malattie e delle situazioni disperate che oltre a tutto il resto ti danno la misura di quanto conti la fortuna nella vita…sei nato qui? Ecco l’infinita lista delle cose che non potrai mai permetterti: al primo posto la salute, se non ce la fai da solo…allora abbiamo preso la jeep con Ivan e Isa e siamo partiti alla volta di Caboledo, meraviglioso lido sull’oceano, in un parco naturale appena fuori Luanda. C’è da dire che per uscire dalla città ci si mette dall’una alle 4 ore, come noi oggi per l’appunto. Caboledo è il respiro dell’oceano che non mi ha fatto dormire la notte, è mangiare il pesce appena pescato a pochi soldi, è dormire sulla sabbia bianca, è vivere in mezzo ai baobab, è natura selvaggia, è un branco di delfini salterini a cento metri dalla riva, è bambini e mamme che svuotano le reti da pesca, è capanne di bamboo e bungalow. Un piccolo gruppo di casette in mattoni e eternit, con h2o e luce variabili, ci hanno ospitato per queste due notti. Un sogno. L’oceano in tutta la sua potenza, con il suo lamento con il suo urlo, acqua che separa, acqua che unisce…forse dovrei imparare dall’acqua a non temere il cambiamento di materia, ma pensare solo al mantenimento della sostanza (chi vuole intendere in tenda gli altri in camper).
Altri dettagli preferisco rimandarli a voce, che mi si possa capire, che le mie idee non assumano valore che non hanno e vice versa. Comunque africa forte, difficile dire dove, un po’ dappertutto ma soprattutto nel sistema limbico, nel cuore e nello stomaco. Odori e ricordi, forti emozioni, palpitazioni e orrore accompagnano spesso il lavoro in reparto, allo stesso modo aromi e gioia esaltante, palpitazioni e coraggio ti circondano dal mondo fuori.
Ho preso al mercato la tela per farmi il vestito che metterò a Natale.
A coronamento di tutte le nuove direttive cerebrali date dal parallelo a cui mi trovo il film fight club. L’abbiamo visto 2 sere fa. Esattamente questo: tutto ciò che possiedi ti lega e ti incatena. è bello abbandonarsi al Mondo e al suo girar, imparandone il moto per apprezzarlo, dandoti sinceramente per amarlo, così como aparece. Beleza!

sabato 3 ottobre 2009

La ViDa ES um BaIRro


Dopo una giornata di lavoro in ospedale, nel tardo pomeriggio…Prima uscita dalle mura della Divina Providencia, 4 donne, una jeep e 4 passaporti. Alla guida c’è Anna, una volontaria dotora che sta qui da mesi, una forza della natura. Sa le strade, conosce il modo per addentrarvisi, guida da dio, in questo traffico pazzo e ingestibile. Ci addentriamo nel Bairro. Buche, pozze, liquami a cielo aperto. Letteralmente il nome di questo quartiere, la Roche, vuol dire discarica, e subito la spiegazione davanti ai miei occhi: una distesa immensa di baracche, a sinistra, a perdita d’occhio, descrivere non si può, bisogna solo vedere. Tetti in eternit o simili che coprono strutture rettangolari, sotto le quali si vende, di tutto. Le luci del pomeriggio rivelano con uno scintillio finale che tutta quella accozzaglia termina dove inizia il mare e finisce la terra. Le valli anche lontane che vediamo dalla strada sono totalmente ricoperte dalle stesse medesime strutture…baracche per affari. Tutti gli astanti sono occupati a sistemare, piegare, bruciare, urlare, giocare. oggi siamo arrivati tardi per il mercato, ci torneremo. Oggi siamo venute qui per ritirare delle piccole opere d’arte che degli scultori hanno preparato per noi. Sono amici di Ivan, lavorano nel Bairro, seduti a terra,in compagnia di un gallo da guardia. Producono statuette, maschere, tagliacarte, vere opere d’arte, ricercate e preziosissime. Fermiamo la jeep dopo aver lasciato alle spalle partite di calcio improvvisate, negozi chic, venditrici di frutta e venditori di tronchesini per le unghie, di secchi, di scarpe, di copertoni, di olio, di popcorn e di smalti.
Parcheggio audace di Anna, brava anche a scansare i candungheros, taxi fatti a westfalia, colorati di bianco e blu, che sorpassano, sfiorano e soprattutto corrono. La coda, c’è sempre. Il traffico è fermo. Noi siamo arrivate. Tempo di salutare, farsi affascinare da movimenti così minuti e graziosi nel lavorare il legno, prendere, pagare, stringere la mano a bambini che ci accolgono nella strada con la cerimoniosità che si riserva a primi ministri (non il nostro) e siamo di nuovo in auto, per rientrare prima che faccia buio, è la regola. Non riesco a fare l’occhio alla quantità di immondizia presente ovunque. Nei giorni scorsi ho avuto l’occasione di passare vicino a quella che a me sembrava una montagna…erano metri e metri cubi di immondizie, le stesse che la notte bruciano e rendono il cielo rosa. Si, di notte una strana luce si alza dal bairro, è rosa, non ti permette di vedere le stelle. Piccolo dettaglio, uscendo dall’ospedale abbiamo visto le tende dell’isolamento per i pazienti con il colera. Questa mattina, brutto presagio per le diarree che arriveranno nei prossimi giorni anche ai bambini e che io e Gabriele dovremmo affrontare, abbiamo incrociato lo “staff” dell’ospedale, che preparava i letti per il colera: delle brande con il buco al centro, di grande utilità per chi ci si trovasse disteso. I bambini del nostro reparto sono favolosi e mi piace spupazzarmeli quando finiamo di lavorare. Gli specializzandi mi stanno passando un’immensità di conoscenze di cui faccio tesoro. Il portoghese mi piace e riesco a comunicare, migliora di giorno in giorno, il mio vocabolario si amplia, sono felice anche per questo.
Meu namorado sta in Finlandia, arrivato a destinazione. Siamo in piena non c’è altro da dire, sempre più vicini. Domani sarà Africa di nuovo, la sento già casa mia.

FrA MarTino CaMpAnaRO

Oggi di prima mattina ho assistito alla Celebrazione. Una funzione più religiosa di quanto possa esserlo qualsiasi fede in toto…l’ingresso a scuola dei bambini delle elementari, un edificio sabbioso e sverniciato ma tamben curato che si trova esattamente dietro all’ospedale divina providencia, bairro Golf.
Arriviamo e il bagno di folla ci emoziona, prima lacrima di gioia: svoltiamo l’angolo e ci troviamo di fronte ad una marea di sorrisi e occhi sgranati, IO : - Isabel ma quanti saranno? – La maestra : - sono 300 - . ci guardano e cominciano a parlottare dei dotori branchi. Ci perlustrano come fossero il laser di una fotocopiatrice ad alta definizione. Disposti ordinatamente su file attendono l’arrivo del maestro. Eccolo è lui l’agitatore della massa, comincia a urlare e tutti gli rispondono urlando. Ma quanto rumore fanno 300 bambini angolani nel pieno delle loro forze mattutine con un pubblico così insolito al quale dimostrare le proprie stupefacenti doti canore? Tantissssimo! 600 manine in aria e si comincia a ballare…uaaaa, che casino ragazzi, seconda lacrima, forse terza, quarta…: cominciano a cantare Fra Martino Campanaro Din Don Dan in portoghese, con una forza che ci sbaraglia. E ballano e si agitano e ridono e parlano, un mare che sale, la marea delle emozioni incontenibili, noi davanti a stupirci, a riempire gli occhi di tutta questa gioia pura senza conservanti né zuccheri aggiunti. Dicono le preghiere e penso che se Dio ci fosse, sicuramente adesso avrebbe orecchie solo per loro, i suoi più bei frutti, prego anche io. Ci presentiamo EU SOU A DOTORA ELENA E TRABALHO AQUI A L HOSPITAL DIVINA PROVIDENCIA, EU GOSTARIA IR CON VOCES AMANHA E AMANHA E O DIA DEPOIS AMANHA TAMBEIM…chissà penseranno che sono una zuccona, con questo portoghese artigianale che parlo. Tutti procedono in classe, ci danno il cinque, uno per uno, entrando. Il ritmo dei loro canti mi scuote ancora io non so più fare a meno di loro.

mercoledì 30 settembre 2009

AngolA GiornO ZeRo

E’ancora presto – mi dico – per parlarne. Eppure qualche cosa sarò in grado di dire dopo 48 ore che son qui…finalmente arrivati in Angola, Luanda, un brivido corre giù lungo la schiena quando realizzo che ad ogni gradino che scendo sulla scaletta dell’aereo la distanza dall’africa si misura in metri, non più in mesi, giorni, ore…nemmeno il tempo di tirare il fiato nel caldo e nell’umido clima inquinato e molesto dell’aeroporto che l’assurdità della burocrazia angolana si fa palese da subito. Ci sono controlli dei controlli e controllori dei controllati che a loro volta controllano. Nel caso ci fosse bisogno di controllare un controllo – si capisce.
Io da subito, fin da quando aspettavamo l’aereo a Lisbona, lo stesso di cui ci hanno detto alle 11 di sera “per problemi tecnici al motore l’aereo partirà in ritardo”, lo stesso che ci ha portato sani e salvi fino a qui con 7 ore di volo, dicevo, fin da subito mi sono resa conto di far parte dei BRANCHI (bianchi detto in senso dispregiativo) CIUCCIATORI. Tutti quelli che vengono qui dall’Europa vengono per ciucciare, linfa vitale del paese, petrolio e diamanti, facendo schizzare il pil alle stelle, facendo si che la vita cosi un occhio della testa (un nostro stipendio medio qui non basta per vivere, un kg di pomodori costa 7 euro…) e che sostanzialmente le montagne di immondizia e i liquami a cielo aperto siano alleviate dalla dignità infame dello squillare dei cellulari e dallo strisciare delle carte di credito. Tanto i bambini continuano a non permettersi di essere bambini. La povertà è una piaga che mi brucia, ovunque. Arriviamo in ospedale, percorrendo una delle grandi arterie asfaltate della città, che sono poche e circondate da un interminabile film pasoliniano, e mi faccio un idea di dove si trova l’ospedale dove andremo a lavorare…nel bel mezzo di Kilamba Kiaxi, un bairro di baracche, senza fine. Luanda ospita 7 milioni di persone. Io sento che sarà mia, ma non oggi. Oggi dobbiamo andare nel nostro rifugio e poi ripartire da lì, con più calma, nei prossimi giorni.
Giulia do cieu è la prima che abbracciamo, fa parte degli specializzandi che stanno qui da mesi, sono delle stelle nel mio cielo. È lei che ci fa fare il primo giro dell’ospedale, che ci spiega un po’ di cose che poi si sommeranno a cose ancora cose e cose, che io cerco di assorbire da spugna, sempre e comunque. Marasma, Kwashorkor, edemi da fame, vermi, amebe, osteomieliti, polmoniti, hiv, tb...ogni tanto mi devo ricordare che devo avere il coraggio di guardarli negli occhi… alcuni mi fanno male dentro a fondo. siamo in piena, impara impara impara, scrivi, memorizza, fai. Ogni bambino è una storia infinita, è dettagli di ferite, stracci di sorrisi, occhioni spalancati e paura. Si tratta di diventare autosufficienti, io e il mio collega in viaggio, perché fra 10 giorni se ne va la maggior parte degli specializzandi, e noi dobbiamo affrontare le diarree, che fanno precipitare lo stato delle malnutrizioni, salire alle stelle le morti. Scrivere cartelle, prescrivere farmaci, capire, fare, migliorare, umanizzare un ambiente che necessariamente spesso dimentica la dolcezza in favore della presunta efficienza, della quantità . Qui si lavora, qui io so chi sono. Colori ovunque e rumori e voci e musica per le mie orecchie. Dell’africa fuori dalle mura del hospital divina providencia scriverò nel week end, usciremo per la prima volta, con calma. Sono previsti viaggi, non anticipo nulla. La capoeira è assicurata da Ivan, italiano che viva qua da anni e conosce i ragazzi della capoeira del bairro, la baraccopoli, sono stupendi e ci accolgono con pazienza, ci insegnano, dal bimbo di 6 anni a gente della nostra età.
L’infermiere che siede padrone sulla scrivania all’ingresso del reparto si chiama Destino…altro nao vou a falar, entende che tuda a joia sta nel ver olhos da crianca mais meravilhosa che tem vida, entro. Mango e maracuja mi piacciono molto, i miei zoccoli da doctora sono sporchi di tutto, soprattutto terra, le mie mani fanno il lavoro più bello do tudo mundo.

mercoledì 9 settembre 2009

cOn un PoCo dI ZucCheRo lA PilLoLa va Giù...

anche la Farmacologia II è alle spalle ormai, e mi sento più leggera di Mary Poppins, pronta a decollare con il mio verde ombrello antibora!
A conclusione di quest’estate di studio matto e disperato un lauto e ricercato pranzetto al Posto delle Fragole, il locale utopico, che si trova dentro l’ex OPP di S.Giovanni.
Solo respirare lì, quell’aria di acquisita libertà, naturalmente rivoluzionaria, potrebbe servire a spiegare a chi non lo conoscesse, il tipo di legame presente tra Trieste e questo posto. Come direbbe Covacich riferendosi proprio all’ Apertura dell’OPP “il manicomio entra in città e la città entra in manicomio”, basta muri via le grate dalle finestre giù i cancelli. Forse la più nitida delle emozioni triestine dilaga fuori da questo stupendo parco e invade chi le è permeabile: siamo tutti ugualmente stranieri, ospiti in terra di passaggio che non ci appartiene, siamo parte di una comunità, pazza quanto/quando normale. Simmetrie…
Sognare Partire e forse dormire…come sempre l’ultima la escluderei, purtroppo. Ora basta recuperare il visto+passaporto, racimolare sapientemente ciò con cui desidero riempire il mio zaino, e poi decollare. A dire la verità ci sarà un Preludio a tutto ciò, composto da: qualche giorno a Casa per raccogliere le idee, un corso teorico-pratico full-immersion per capire di più riguardo la realtà socio-sanitaria in cui andrò ad immergermi nel prossimo futuro e 3 giorni con Colui che è (a 2261m sul livello del mare ancora oggi, a lavorare) tra la Valpolicella e Gardone Riviera, tra vigne e antiche case in pietra, dimore di poeti e la romantica Sirmione, a riempire gli occhi di colori ed espressioni che mi piacerà ricordare.
Evviva Ale e Marco che aspettano chi arriverà puntuale (c’era da aspettarselo..) per festeggiare il 25 aprile!
Evviva chi sadicamente scrive prosimetri e chi cerca di indovinarne il titolo invano!

martedì 4 agosto 2009

DèPAYSEMENT


Ruth e la fuga dei cervelli

je t'augur un Lachez Tout com se dev, plain d' coleurs e joie, d' sorpres e soddisfaziòn! Tu ha l'inteur mond en tois, l'spazio e l'temp! Bon Voyage petit meravigl!

martedì 7 luglio 2009

L'InViToE'aRrIvAto!!!


Oggetto: Formazione professionale presso l’Hospital Divina Providência -Angola.

Spettabile Direttore,
con la presente, La informo che la Direzione dell’Hospital Divina Providência di Luanda ha il piacere di invitare presso le proprie installazioni la Sig.na Elena Moro, studentessa iscritta presso la Facoltá di Medicina e Chirurgia dell’Universitá di Trieste, alfine di realizzare un periodo di stage professionale della durata di due mesi, da Settembre a Novembre 2009.

Come risaputo, nel corso di tale periodo, la studentessa prenderá parte alle attivitá assistenziali e formative che si realizzano nell’ospedale. In particolare avrá modo di prestare assistenza medica presso il Reparto di Pediatria (54 posti letto), che include una sezione nutrizionale dedicata ai bambini affetti da malnutrizione severa (18 posti letto), e presso l’Ambulatorio (in media 60 accessi pediatrici al giorno) che fornisce consulenza pediatrica di base alla popolazione del quartiere circostante l’ospedale, per un totale di 40 ore settimanali .