martedì 27 ottobre 2009

La LUna A QuEsTo ParaLLelO sorrIdE...

È Angola camminare con i bambini della capoeira, arte che vive, energia pura, occhi aperti sul mondo, braccia attorno al mio collo, nelle ruas del bairro, piene di liquami che corrono sotto i piedi e immondizia e mattini soffocanti e galline. Luanda è respirare quell’odore delle baraccopoli e amare ogni singolo respiro. La gente - che mi scoccia chiamare gente per l’eccezionalità delle persone che conosco giorno per giorno, di cui bisognerebbe parlare ore, singolarmente - sa toccare il Fondo subito, il confronto avviene su un piano diverso, che io trovo comodo e ineguagliabile. io amo questa umanità, non facile da permeare, talvolta insopportabile per l’anaffettività che esprime e di cui è in fine vittima. Io osservo forme di esistenza che noi non solo non potremmo mai sostenere, ma che io non ho mai nemmeno osato immaginare. io qui mi emoziono 20 volte al giorno (è vero, almeno una volta l’ora :0) ), il mio cervello è attivo, la mia esistenza si colloca. Ho il tempo di pensare e di crescere. Non ci sono distrazioni dall’essenziale, c’è il bello, c’è il tenero, c’è anche l’insostenibile, ma è reale, non virtuale, e perciò accettabile. Qui mi conosco attraverso l’altro, ciò che è così lontanovicino.
È anche Angola fazer um passejo nella Roche, distesa immensa di baracche con tetto in eternit, pali in legno, terreno fangoso, odore asfissiante, tutto questo elevato alla perdita d’occhio, per conoscere un gruppo di africani filo-jamaica che tifano per Obama con cui improvvisare un pezzo jazz (Alice, è la volta buona, la voce è uscita dritta davanti a me con forza, puntata negli occhi grandi di musicisti rastareggae!) o parlare con le donne che vendono le stoffe, amiche di amici, di cui mi sento immediatamente parte. Forse è questo che frega la gente che torna dall’Africa, tutto l’incomprensibile colore&amore che sfonda le retine e si mescola bene con l’imprevedibilità di quello che si proietta poi assieme ai colori nel nostro cervello, situazioni improbabili che mettono in moto circuiti silenti nella nostra materia grigia. La famosa parte di cervello che non usiamo mai…poi andare nel bairro, mangiare e bere in un lugar, pollo cotto nella strada, birra Nocal. Io la diarrea non l’ho avuta e il cibo…beh, non serve nemmeno che vi dica quanto buono fosse!...arrivare dai maestri artigiani,quelli che lavorano il legno ed chiedere loro di creare per me le loro opere, scegliere quali, scegliere con precisione il mio regalo per il patto che io e Ruben faremo da grandi, scegliere (di fatto questi non li ho scelti, ho detto loro di fare quello che volevano,io ho scelto solo le dimensioni per una questione di zaino…) dei pensieri per le persone importanti a casa, per portare a loro un po’ di tutta questa magia. Mani che lavorano il legno, hanno un che di divino, plasmano rispettano danno forma rendono armonioso…
Poi via di nuovo al centro Don Bosco, allenamento base di Capoeira con Ivan, male ai muscoli Elena tieni duro, entra nel ritmo, accondiscendi questa danza, è un movimento in pari l’equilibrio che rispecchia! Alcuni bambini curiosi si uniscono all’allenamento e le mani e i piedi sporchi mi fanno sentire a terra, sulla terra.

PENSIERI SPARSI: la testa sulle contraddizioni e le contraddizioni stampate nei finestrini della jeep.
Le agenzie funerarie sono numerose, un giro in ospedale ti fa capire che qui, spesso, può essere più pauroso dover vivere che morire. il ritmo le ragazze ce l’hanno legato al cromosoma x, i maschi all’y, i bacini si muovono e pare che abbiano la consapevolezza che da loro inizia tutto. gli altri bacini, quelli che si danno sulle guance quando si conosce una persona, si danno prima a sn e poi a dx. Esperar vuol dire sia aspettare che sperare. l’aria a chi fa capoeira sta come l’acqua ai pesci. mia mamma mi ha Amato ed è per questo che Amo la vita. la cosa più importante è far credere ad ogni individuo che vale, anche dopo secoli di soprusi e colonizzazione. Ella fitzgerald può essere sussurrata ad una bambina africana che a sua volta può trovare il tutto davvero curioso e sussurrare assieme a te. Nelito c’ha fame ed è timido ma io questo gianduiotto me lo mangerei a morsi quando mi butta le braccia al collo, senza se e senza ma. Una persona che ha sete beve in modo diverso. Quando mi chiederanno di questo posto comincerò descrivendo ogni luna, ogni polverone, ogni rissa, ogni morte, ogni sguardo, non tutti questi assieme. La violenza sulle donne, l’hiv e i linfonodi enormi nei bambini positivi, la tubercolosi onnipresente, la fame e la sete, i bambini morti, quelli morti per morbillo, la carta per fare i raggi che finisce, sono cose a cui sto pensando ora, in questo momento. Forse anche io, come dice Gabriele,sto cominciando a fare pace con questa Africa,così forte da farmi dimenticare ogni ansia, ogni inutile impazienza, così vera da lasciarmi scettica su ogni meccanismo stereotipato. Sono io che cammino, su passi già calpestati nei sogni, vero Rubinetto? Vecchia zimarra, adesso siamo pari, 26 ottobre all’over the world!!!

Con umiltà e dedizione mi sto rendendo autosufficiente per un buon numero di lavoretti in reparto e nell’attività ambulatoriale del seguimento della malnutrizione. Imparo, alla velocità della luce, tutte quelle nozioni che all’inizio costituivano un minestrone di insicurezze oggi prendono forma, diventano una sequenza di atti da compiere con ordine e con un senso. Fare le cose bene, non è facile accostumarsi al concetto che ogni passo è quello decisivo. Imparo la medicina che faceva mio nonno Piero, senza laboratori da sfruttare, senza ecografie, senza mezzi termini, con molte ipotesi, con molto ragionamento. Il lavoro in ospedale si fa più congesto, iniziano le piogge, il caldo dicono non sia ancora niente di che, rispetto a quello che sarà tra poco, ma a me sembra già di evaporare. Mille parole per dire che qui più che mai non riesco a giustificare la mia ignoranza, di fronte a questi occhi io sono già colpevole, per l’ingiustizia enorme che c’è a monte, e voglio saper fare il meglio possibile, il mio meglio, per cominciare a rendere (nel senso di restituire) Vita degna di essere vissuta. Magari sarò una goccia, ma non mi sento tale. Per questo la sera non sono mai sazia di leggere e studiare. È finalizzato.
La luna è orizzontale, sorride, adagiata sulla schiena, anche lei riposa serena la notte, mentre la musica perpetua del bairro tiene sveglio chi come me mette un pezzo di carta nel lavandino per vedere da che parte gira la spirale dell’acqua che viene risucchiata giù nello scarico (è vero!!! Qui, sotto l’equatore, va al contrario!!!).